Sentiamo ogni giorno parlare di riduzione nell’atmosfera delle emissioni di gas nocivi. Tra i responsabili dell’effetto serra il più famoso è sicuramente l’anidride carbonica (CO2). Negli ultimi tempi però, il gas metano (CH4) è diventato il protagonista: il report del WWF “Le emissioni di metano in Italia” commissionato al Greenhouse Gas Management Institute, svela che le concentrazioni atmosferiche di metano sono aumentate del 47 per cento dall’epoca preindustriale un trend che non sembra arrestarsi e che influenza significativamente l’innalzamento delle temperature e il cambiamento climatico.


Quali sono le fonti di emissione del metano?

In natura il metano viene rilasciato dai microbi presenti nel terreno, oltre che dagli incendi, dalla decomposizione delle piante e dalla digestione animale. Invece, l’emissione di gas delle attività umane proviene in particolare dalle discariche con la combustione a biomassa e dagli allevamenti, dove il fenomeno della fermentazione enterica è il responsabile del 90% delle emissioni dal settore zootecnico, oltre ad essere prodotto dalle coltivazioni di riso e dalla produzione e dall’utilizzo di combustibili fossili. Il consumo di gas naturale rappresenta oggi circa un quarto della produzione mondiale di elettricità. 


Il metano rappresenta circa il 20 per cento delle emissioni globali

L’aumento delle emissioni di metano in atmosfera è dovuto all’azione dell’uomo che ne rilascia quantità superiori a quelle che i processi naturali riescono ad eliminare. Il metano contribuisce alla produzione di un inquinante secondario, l’ ozono troposferico, che danneggia la produzione di cibo e l’equilibrio degli ecosistemi, con conseguenze significative sulla salute umana.

L’Italia è al primo posto tra i paesi con i maggiori costi sanitari legati all’uso del gas naturale: nel 2019 ben 2.864 morti premature sono dipese dall’uso di energia prodotta da gas naturale, oltre 15.000 sono casi di problemi respiratori e più di 4.100 ricoveri ospedalieri.


Il monitoraggio di gas nell’atmosfera, attraverso l’utilizzo dei saltelli, ha individuato grandi fonti di emissioni di metano di origine antropogenica. Secondo uno studio su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) l'ondata di calore eccezionale del 2020 ha portato la temperatura in Siberia di oltre 6 gradi sopra la media, accelerando lo scioglimento del permafrost, causa di maggiori fuoriuscite del gas dalle formazioni rocciose. Inoltre lo scongelamento delle zone umide libera metano microbico, derivante dal decadimento del suolo e della materia organica. Nonostante il gas non sia presente nell’atmosfera come la CO2, ha una capacità maggiore di assorbimento della radiazione infrarossa termica. Questo significa che il potenziale di riscaldamento del metano è circa 80 volte più forte rispetto all’anidride carbonica.


Ridurre le emissioni di CH4 è possibile?

Il report commissionato dal WWF fa emergere anche una notizia positiva: a differenza della CO2, il metano non resta in atmosfera per cento anni, è un gas climalterante di breve durata, che rimane presente per circa 10 anni prima di essere trasformato. Ciò significa che se conteniamo le emissioni, il tasso di riscaldamento globale si ridurrebbe rapidamente. Proprio per questo motivo, il metano merita un’attenzione particolare nelle politiche di mitigazione climatica.


La riduzione delle emissioni provenienti dall’agricoltura e dall’allevamento rappresenta la priorità. Nel 2050, questi settori sarebbero responsabili per il 60 per cento delle emissioni nazionali di metano. Ma proprio la sovrapproduzione di metano negli allevamenti intensivi potrebbe essere una delle soluzioni al sostentamento energetico. Il biogas è prodotto naturalmente dalla trasformazione dei rifiuti del bestiame, e può essere sfruttato come fonte di energia pulita, piuttosto che rilasciarlo nell’atmosfera come gas serra.


Serve una nuova strategia per aiutare la transizione ecologica

Secondo il WWF, interventi come questi dovrebbero essere prioritari per salvaguardare la qualità dell’acqua, dell’aria e per la biodiversità, ma serve una strategia per il metano, allineata a quella europea e integrata con il Piano Nazionale Energia e Clima, che vada a contribuire agli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi. Intanto, più di 100 paesi, tra cui l’Italia, hanno già aderito al Global methane pledge che prevede un impegno a ridurre le emissioni di metano di almeno il 30 per cento a livello globale entro il 2023. Eppure la strada è ancora lunga.

 

Articolo di Joyce Donnarumma

 

Fonti 

lifegate.it

wwf.it

energycue.it

repubblica.it

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