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Litio, cobalto e terre rare: è possibile farne a meno?

Nella transizione ecologica, l’aumento senza precedenti della domanda di materie prime solleva la questione su quanto sia realmente sostenibile ed equa la tanto attesa conversione energetica. 

Secondo l’ultimo rapporto dalla IEA (International Energy Agency), per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni di CO2 nei prossimi decenni, la domanda di materie prime critiche (Critical Raw Materials)  aumenterà dalle tre alle sette volte entro il 2040, mano a mano che la transizione ecologica verrà messa in atto.


Litio, nickel, cobalto, manganese, grafite, sono tutti minerali che troviamo in natura in bassa concentrazione e sotto forma di ossidi, fosfati e carbonati. Sono materiali fondamentali per il funzionamento delle batterie, oggi non ancora preziosi, né tantomeno rari ma ritenuti strategici per l’economia in quanto utilizzati in settori ad alto valore aggiunto e complicati da ottenere (i paesi di produzione sono politicamente instabili o poco affidabili). Con l’esplosione del mercato mondiale però, lo diventeranno e l’impatto ambientale dell’estrazione dei crm, potrebbe danneggiare intere aree geografiche, trasferendo lì, i problemi che oggi viviamo per l’estrazione petrolifera. Un effetto disastroso sull’ecosistema e sugli equilibri geopolitici.


Qual è l’impatto ecologico delle materie prime critiche ?

Il litio ha le sue riserve più importanti in Sudamerica, tra Bolivia, Cile e Argentina, nel delicatissimo ecosistema dei Salar: enormi laghi salati, patrimoni naturali inestimabili. L’estrazione del litio attraverso l’acqua salina, pompata dal sottosuolo, impatta gravemente sull’equilibrio idrico e la disponibilità di acqua potabile, aumentando rapidamente il processo di desertificazione già in atto in quelle aree.


Il cobalto proviene al 70% dalla Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi con il più basso reddito pro capite, nonostante il cobalto sia la più preziosa tra le crm . La gestione degli impianti minerari e le pessime condizioni dei lavoratori includono sfruttamento e lavoro minorile.


La Cina è la prima produttrice di batterie, nonché estrattice del 62% della produzione mondiale di grafite. La massiva estrazione ha inquinato l’aria e i lavoratori insieme alle comunità vicine, sono colpiti in maniera crescente da problemi respiratori e la loro acqua non è più potabile.


Il nichel nella sua lavorazione, rilascia elevate emissioni di gas serra e grandi quantità di rifiuti tossici. La fusione del nichel in Indonesia, leader nella sua estrazione seguita da Filippine e Russia, è alimentata da centrali a carbone, portando con sé inquinamento atmosferico e malattie respiratorie. 


Inquinamento idrico, deforestazione, dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità, ma anche conflitti geopolitici, sono tutte allarmanti conseguenze della spinta alla transizione ecologica, nasce quindi spontanea la domanda: si può fare a meno di queste materie ritenute critiche ?


È possibile fare a meno del cobalto e del litio nelle batterie?

La tecnologia da sola non basta a rendere più ‘verde’ la transizione ecologica ma, insieme alla ricerca, spingono verso nuove soluzioni che mirano all’efficienza dei materiali e all’aumento del rendimento. Per le batterie, ad esempio, si sta cercando di facilitare il riciclo delle componenti, inoltre si cerca di perfezionare le pile combustibili, che sfruttano il processo di elettrolisi combinando idrogeno ed ossigeno per fornire elettricità. Anche il settore automobilistico sta rivoluzionando l’idea di funzionamento delle auto, integrando nella carrozzeria pannelli solari che alimentano il veicolo oppure investendo nell’ottimizzazione dei motori a induzione, che forniscono potenza grazie a un campo magnetico rotante.


È evidente la necessità e il desiderio di cambiare direzione. Ma probabilmente a cambiare deve essere prima il nostro modi di guardare e di utilizzare le risorse del pianeta. La storia fa da esempio e non possiamo diventare dipendenti dalle materie prime critiche così come lo siamo stai nell’ultimo secolo dall’oro nero. Sarà quindi indispensabile ampliare la nostra visione iniziando a considerare gli impatti di tutta la filiera e non solo del suo prodotto finale. Una nuova economia circolare che ci insegni a recuperare e riutilizzare non solo le materie critiche , ma quante più risorse è possibile.

Articolo di Joyce Donnarumma

 

Fonti

altreconomia.it

agendadigitale.eu

ilbolive.unipd.it

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