La falsa convinzione che il nuovo sia per forza meglio dell'usato ha sempre contribuito a rallentare l'effettivo e definitivo passaggio a una totale economia circolare. Ancora relegati a vecchi schemi di pensiero che andrebbero rotti e ricostruiti, ci accorgiamo che migliorare è possibile, ma non così semplice.

Nel 1976, Walter Stahel, architetto svizzero, redige (con Geneviéve Reday-Mulvey) un report per la Commissione europea (che diventerà libro: Jobs For Tomorrow: the potential for substituting manpower for energy – Lavori di domani: il potenziale per sostituire l'energia con la manodopera), in cui delinea le basi dell'economia circolare. Ne risulta che il prodotto non può solo essere venduto, usato e gettato e festa finita, ma esso può avere una seconda vita – in grado di generare una nuova economia.

 

Stahel afferma che "applicare i principi dell’economia circolare alla manifattura permetterà al settore privato di creare posti di lavoro localmente, ridurre i consumi, i costi emissioni di gas serra e naturalmente i rifiuti."

 

Locale, infatti, può significare globale: se ogni piccolo luogo si inserisce nella catena circolare di produzione, uso e riuso (e riciclo), il grande mondo potrà avere a disposizione le materie in modo più green, in maggiori quantità e con costi minori.

 

Come fare, in altri termini? "From Cradle to Cradle" ("dalla culla alla culla"), espressione che dà l'idea chiara, visionaria ma realizzabile, del giusto ciclo del prodotto. Alcuni detrattori dichiararono che l'unico ciclo fosse "From Cradle to Grave" ("dalla culla alla tomba"), espressione che dà l'idea altrettanto chiara, meno visionaria ma realizzata, dell'immenso spreco e dell'idiozia della nostra economia industriale lineare – che non è circolare.

 

Nel libro Performance Economy (Economia della Prestazione), Stahel esplora "la culla" e specifica – ancora – i quattro indizi per risolvere il delitto:

  • reuseriutilizzo/riciclo
  • repairriparazione/ripristino
  • re-manufactureriprodurre/rifabbricare
  • upgrade (technologically)aggiornare (tecnologicamente)

 

Poco tempo fa, nel 2015, la Commissione europea ha presentato ufficialmente il progetto intitolato: L'Anello mancante – Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare. Nel 2021, più o meno l'altro ieri, l'UE ha approvato la legge (ancora incompleta) Right to Repair (Diritto alla Riparazione), volta a garantire il diritto di farsi riparare un prodotto – invece di gettarlo via creando RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) per comprarne poi uno nuovo.

 

Il mercato dell'usato abbatte i costi e riduce rifiuti e pregiudizi

La legge Right to Repair non include al momento tutti i prodotti dell'industria elettronica: ad esempio non include gli smartphones. Se alla base dell'economia circolare stanno la durabilità e il riutilizzo del prodotto, le aziende devono allora garantire che ogni prodotto sia facilmente ed economicamente riparabile, così da durare più a lungo nelle mani e nelle tasche del cliente/consumatore.

 

I concetti di "riutilizzo" e "riciclo" possono entrare in conflitto. Sempre Stahel afferma che "il riciclaggio è la strategia meno redditizia dell'economia circolare". Le ragioni principali si rintracciano nel fatto che il riciclo presuppone un rifiuto, mentre il riutilizzo lo previene per evitarlo. Il corretto riciclaggio riduce l'impatto ambientale – ma è bene precisare che il prodotto, prima di essere riciclato, può essere riutilizzato.

Il mercato second hand, ovvero il mercato dell'usato, promuove e sostiene il riutilizzo. Chi di noi non ha mai sentito parlare di un mercatino dell'usato? Chi di noi non ha mai provato la curiosità di mettervi piede e gironzolarvi, forse a vuoto, o alla ricerca di una vera occasione, sempre comunque con un senso di avventura? Infine, chi di noi ormai non naviga online, a vanvera o in ricerca, su migliaia di siti, noti e nuovi?

 

Purtroppo, nella mente della gente, il mercato dell'usato può ancora spesso ricordare "il mercato delle cose vecchie e strane", delle cianfrusaglie, degli stracci o dei prodotti inaffidabili. Il mito da sfatare, in quest'ultimo caso, riguarda ovviamente i prodotti elettronici che volentieri si credono "buoni solo se nuovi." Errore. Usato non è sinonimo di usurato. Anche chi abitualmente ricerca e acquista l'usato deve lottare coi pregiudizi che, in fondo, non sono propri del singolo, ma d'una collettività. Inoltre, occasione e risparmio sono le molle principali del frequentatore e consumatore dell'usato, meno l'ambiente. Ma le basi sono buone: da qualche parte bisogna pure iniziare.

 

Intanto, necessità e sensibilizzazione accrescono la nostra consapevolezza e il nostro rispetto, diretto e indiretto, per il pianeta. Vediamo come.

Il mercato dell'usato genera un valore di 24 miliardi: l'1,4% del PIL nazionale italiano

Secondo l'indagine dell'Osservatorio Second Hand Economy 2020 condotta da BVA Doxa per Subito (piattaforma digitale leader nel mercato dell'usato) le percentuali di coloro che si sono rivolti al mercato second hand (anche per ragioni ambientali) sono aumentate. I dati ci dicono che nel 2020 il 54% della popolazione totale italiana (49% nel 2019, 40% nel 2015) ha acquistato/venduto usato, e che 3 milioni lo hanno fatto per la prima volta nella loro vita.

 

L'emergenza Covid-19 ha contribuito a modificare alcuni nostri preconcetti, e in termini ecologici può valere in questo caso il detto che "non tutti i mali vengono per nuocere" (sic!). Sempre secondo l'indagine, la ragione principale dell'affluenza nel mondo della compravendita di usato è che "risparmiare e guadagnare in un momento di incertezza" è normale e istintivo. Ma con sorpresa si nota che, fra chi acquista, ad esempio, "il risparmio, pur essendo sempre al primo posto delle motivazioni, perde 9 punti di percentuale passando dal 59 al 50" dell'anno 2019. Altre motivazioni maggiormente diffuse, fra acquirenti e venditori, che fanno intendere quanto la nostra visione stia cambiando, sono:

 

  • "credo nel riuso e sono contro gli sprechi"
  • "è un modo intelligente di fare economia"
  • "vivendo di più la casa ho capito di cosa posso fare a meno"

 

Il mercato online ha poi facilitato, diffuso e ampliato la second hand economy, forza motrice dell'economia circolare. La comodità, la velocità e la possibilità di acquistare e/o vendere da casa, unite alla consapevolezza dei propri veri bisogni, possono generare e incrementare assieme alla compravendita offline il ritorno di capitale da reinvestire, specie localmente. Sebastiano Marinaccio – il presidente di Mercatino –, dà un'idea della forza della circolarità, spiegando che durante la pandemia "il franchising ha rimborsato agli italiani circa 40 milioni di euro generando spinta economica e sociale, perché il capitale è stato reinvestito a pochi km da casa".

Secondo i dati dell'Osservatorio Second Hand Economy 2021, rispetto l'anno precedente, aumenta il numero delle persone che si rivolgono all'usato, aumenta il mercato online e aumentano le vendite. E nonostante la motivazione "risparmio", fra gli acquirenti, riacquisti 6 punti di percentuale rispetto il 2020 arrivando a 56, la compravendita di usato online si conferma al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi, con un valore economico generato di 11,8 miliardi (49% dei 24 totali).

 

Elettronica, vestiti e libri: sono meglio usati

Sappiamo che i costi di estrazione e produzione delle materie prime necessarie alla creazione dei prodotti, della roba che vogliamo, sono dannosi in termini ecologici. Le profondità della terra vengono drenate e le superfici usurpate: infine le emissioni di gas non si contano più.

Fra i prodotti usati, il cui mercato può ridurre le emissioni, che riempiono negozietti e bancarelle, sia offline che online, oltre a utensili da cucina o per la casa, oggetti vintage o rari da collezione, ne troviamo due che sono forse ovunque e forse anche un poco bistrattati, ma sui quali si può dare qualche informazione:

 

  • vestiti: secondo uno studio dell’università di Copenaghen, per 1 kg di vestiti usati raccolti si producono mediamente circa 4 kg in meno di CO2, si consumano 6000 litri d'acqua in meno, e l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi diminuisce di 0,6 kg per i primi e di 0,3 kg per i secondi;
  • libri: per realizzarne uno nuovo di pacca con carta non riciclata, si producono circa 30 kg di CO2 e si abbattono in media 24 alberi.

 

Un terzo oggetto che per produrlo da zero conta dall'85 al 95% delle emissioni di gas serra, ma il cui essere usato e non nuovo può creare ancora diffidenza, e la cui vetrina si vuole sia linda e molto più ordinata di quella di un mercatino, è il prodotto elettronico usato – ma rigenerato garantito, come, per fare qualche esempio:

 

  • frigoriferi o lavatrici
  • macchine fotografiche o GoPro
  • computer o tablet
  • telefoni cellulari

 

La differenza quindi fra queste tre tipologie di prodotti è che il dispositivo elettronico deve essere refurbished (rigenerato) garantito come nuovo, affinché il cliente/consumatore possa spendere col cuore in pace una cifra che, seppur lontana dal prezzo di listino, è enorme se paragonata a una camicia o a un romanzo. Inoltre il prodotto elettronico deve funzionare, mentre un libro sta bene sul comodino ma anche per terra, così come un pantalone sta bene nell'armadio ma anche sulla sedia.

Allora, stabilita la differenza sostanziale, cosa si può dire? Perché tutti e tre sono meglio usati che nuovi? Non si vuole dire che le case editrici o le aziende tessili devono fallire, ci mancherebbe: ma ci si può vestire adeguatamente e con gusto, si possono leggere capolavori, si può andare su Facebook, o anche scattare qualche foto del giardino con la garanzia di un anno intero – e tutto questo spendendo più o meno la metà, se non meno della metà, facendo un favore insieme all'ambiente e al nostro portafogli.

C'è forse un solo pericolo, che si presenta nelle fasi di acquisto di tutte e tre queste merci anche se in varia e diversa misura: quello di non riuscire a cavalcare la magnetica onda fast fashion. Si pensa però che questo pericolo non sia per nulla pericoloso, e che lo si possa affrontare a viso aperto e a testa alta.

Articolo di Bruno Lusardi 

Fonti

BVA Doxa

ec.europa.eu

renewablematter.eu 

lifegate.it 

thewisemagazine.it

 

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