Dalla dichiarazione finale del vertice G20 di Roma con l’affermazione di “piantare collettivamente mille miliardi di alberi, concentrandoci sugli ecosistemi più degradati del pianeta”, alla COP26 di Glasgow con l’impegno di frenare la distruzione delle foreste entro il 2030, la necessità è una: fermare la crisi climatica.


Obiettivi ambiziosi e all’apparenza facili da realizzare. Dopotutto piantare alberi, conservare e preservare le foreste è utile per ridurre la quantità di CO2 nell’atmosfera. La sua alta concentrazione è responsabile per il 70% del surriscaldamento globale e diminuire le nuove emissioni può aiutare a preservare l’equilibrio naturale della terra. Anche le aziende sono state coinvolte dal Protocollo di Kyoto per attivarsi verso la carbon neutrality. La loro responsabilità sociale sulle emissioni li obbliga a fare di più per la salvaguardia del pianeta. Per questo, da tempo sono nate realtà come Treedom, Zero di LifegateMugoBiofarmTree-Nation, che si adoperano per la riforestazione, attuando progetti mirati a produrre benefici ambientali, sociali ed economici.


Ma l’avventata proposta di rimboscare il pianeta non è passata inosservata e ha sollevato nel mondo scientifico una semplice domanda: c’è spazio sulla terra per piantare mille miliardi di alberi? E se ci fossero abbastanza terreni, quanti anni servirebbero per raggiungere l’obiettivo?


La risposta è altrettanto semplice: No! Non ci sono né terra ne tempo sufficienti


In uno studio pubblicato su Nature i ricercatori affermano che triplicare le aree piantate non permetterebbe comunque di restare sotto l'aumento di 1,5 gradi di temperatura prescritto dagli accordi di Parigi. Per capire le reali possibilità è sufficiente un calcolo molto semplice: ammesso che si possano trovare gli alberi necessari, piantandone 100 milioni ogni settimana, per raggiungere mille miliardi servirebbero 192 anni. Si arriverebbe al 2213, troppo tardi per salvare il pianeta. Se a questo calcolo si aggiungono le variabili di sopravvivenza della pianta e l'alternanza delle stagioni utili per piantare, si percepisce drasticamente l’improbabilità dell’obiettivo. 


Anche Federico Garcea, fondatore del progetto Treedom, che permette di adottare alberi a distanza e seguirli online nel corso del tempo, in un intervista per Altroconsumo ha mostrato la sua perplessità sui numeri importanti presentati all’agenda del G20: “Noi di Treedom sappiamo quanto è complicato piantare anche solo mille alberi (…) Questo obiettivo deve essere contestualizzato in un territorio, con dei numeri realizzabili. Bisogna individuare i terreni giusti e soprattutto coinvolgere le comunità locali perché se ne prendano cura. Treedom sostiene piccoli progetti agroforestali dai 20 ai 50-60 mila alberi l'anno, che rispetto a interventi da milioni di alberi sembrano pochi ma rispecchiano le necessità della forza lavoro locale(…)”


Ci sono diversi esempi di progetti mirati alla riforestazione non andati a buon fine: ricordiamo la Cina, che dal 1978 cerca di combattere l'avanzata del deserto del Gobi lanciando milioni di semi dagli aerei. Un'analisi del 2011 ha rivelato che l'85% sono finiti nel nulla perché erano specie non native che non potevano resistere all'ambiente arido. Oppure la Turchia, che nel 2019, nel giorno nazionale della forestazione, ha visto i volontari piantare 11 milioni di alberi e la maggior parte sono morti nei mesi successivi.


Quindi piantare gli alberi non è una soluzione?

Certo gli alberi fanno il loro dovere, ma vanno piantati in modo corretto e scegliendo accuratamente le aree in cui sono necessari, come ad esempio quelle urbane e suburbane. Per ricolonizzare aree disboscate, c’è bisogno di conoscere accuratamente il territorio, proteggendo l’ecosistema a rischio con l’introduzione di nuovi esemplari. Limitarsi a piantare alberi può essere disastroso, perché imporli in zone non idonee, distrugge la biodiversità e si rischia di produrre più carbonio di quello sottratto.

Anche Witty, nel suo piccolo, cerca di fare la propria parte con l'aiuto di Treenation e si impegna a piantare un albero in maniera responsabile per ogni Witty acquistato 

La soluzione migliore, ad ogni modo, resta quella di concentrarsi sulla protezione delle aree già esistenti, abolendo le selvagge politiche di deforestazione e coinvolgendo sempre di più le popolazioni delle aree colpite, così che collaborino per una riqualificazione ambientale e sociale di lunga durata.

 

Articolo di Joyce Donnarumma

 

Fonti

treccani.it

altroconsumo.it

repubblica.it

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