Rivoluzione tecnologica e allarme ambientale sono tra gli eventi più caratterizzanti del nostro periodo storico. Ma se la tecnologia è uno fra i fattori che ha contribuito all’incessante crisi ambientale, può allo stesso tempo diventare uno strumento potentissimo per ostacolarla.

Che la tecnologia abbia un forte impatto – negativo – sull’ambiente, è ormai risaputo. Dai processi di estrazione dei materiali utili per la produzione dei device (si veda il caso del litio e del cobalto: principali elementi chimici per la costruzione delle batterie di qualsiasi dispositivo elettronico), all’utilizzo stesso che ne facciamo (l’energia utilizzata per il funzionamento dei server e dei data center che ci consentono di navigare su Internet), fino ad arrivare allo smaltimento, o meglio, al non smaltimento dei dispositivi elettronici. 

Ma al contempo, lo stesso sviluppo tecnologico, che ha partecipato all’inarrestabile degrado ambientale dei nostri tempi, può fornire un contributo fondamentale per la creazione di nuove soluzioni volte a garantirci un futuro più pulito. E più sostenibile.

La relazione fra trasformazione tecnologica e tutela dell’ambiente può apparire ambivalente; tuttavia, questa trasformazione può contribuire all’abilitazione di modelli di consumo, di business, ma soprattutto di comportamento realmente improntati alla sostenibilità ambientale. 

È bene però non confondere il concetto di digitalizzazione con quello di trasformazione digitale: come spiega Stefano Epifani, docente e ricercatore di Internet Studies all’Università “La Sapienza” di Roma, se per digitalizzazione si intende la traduzione in un linguaggio digitale per consentire l’automazione dei processi; la trasformazione digitale riguarda invece quelle attività volte ad ottimizzare i processi di automazione stessa. Detto in parole povere: la prima riguarda il “come” si possono fare le cose (per riportare un esempio del professore Epifani, quando un’azienda decidere di sostituire il fax con le email), la seconda il “cosa” viene fatto per attuarle, come migliorarle, e come ridefinirle. 

Trasformazione digitale e innovazione 

La trasformazione digitale va a braccetto con l’innovazione. Innovazione non solo tecnologica in senso stretto, ma innovazione dei modelli di consumo e di comportamento sociale. 

Da qui il concetto di sostenibilità digitale: un modello che definisce le modalità con cui le nuove tecnologie dovranno essere sviluppate per garantirci un futuro più verde e sostenibili, ma che possano allo stesso tempo garantirci le comodità a cui la tecnologia ci ha ben abituati.

Tante belle parole, ma nel concreto? Come applicare la tecnologia per trasformare i nostri modelli di vita e farli diventare più sostenibili?

Il caso più significativo è sicuramente quello delle smart cities.

La smart city è un ideale collettivo di area urbana del futuro. Ideale utopico (se si pensa ad un’applicazione globale nel breve termine) forse, ma non tanto del futuro: questo modello di città “intelligente” sta già trovando la sua applicazione in diversi paesi. 

I suoi ideali risiedono proprio nel concetto di trasformazione digitale che, grazie all’applicazione dell’Internet of Things in tutte le sfere dell’amministrazione di un’area urbana, possono rendere la vita dei cittadini comoda, iper tecnologica e connessa. Ma il significato di smart city non si esaurisce solo a questo: per città “intelligente” si intende soprattutto che questa sia altamente sostenibile a livello ambientale, e che possa garantire così un’elevata qualità di vita e di benessere fisico e psichico dei propri cittadini. 

Smart city: connubio perfetto fra tecnologia e rispetto dell’ambiente

La smart city si basa su 6 pilastri: 

  1. Smart people: coinvolgere le persone nei processi decisionali, per garantire l’integrazione e l’inclusione di tutti i soggetti;
  2. Smart living: garantire uno stile di vita sano, sicuro e culturalmente vivace; 
  3. Smart environment: pianificare l’area urbana in modo ecosostenibile, utilizzando energia green ed edificando in modo ecosostenibile;
  4. Smart governance: garantire la trasparenza dell’amministrazione cittadina, che deve essere incentrata sul capitale umano e sulle risorse ambientali;
  5. Smart economy: basata sulla partecipazione e sulla collaborazione, l’economia deve perseguire ideali di ricerca e innovazione, incentivando la produttività e l’occupazione dei cittadini;
  6. Smart mobility: uso di mezzi di trasporto pubblici o auto elettriche, incentivando l’applicazione di modalità come la sharing mobility, così da garantire a tutti la mobilità diminuendo i costi e l’impatto ambientale.

Se si pensa che una città del genere possa esistere solo in film come Blade Runner o affini del genere; o in realtà culturali lontane anni luce da noi come la Silicon Valley, si sta sbagliando: molti paesi stanno adottando questo modello efficacemente. Fra le principali, Helsinki e Copenaghen, attualmente le città detentrici del miglior tenore di vita a zero emissioni. E se si pensa che queste realtà siano ancora troppo “grandi” e lontane, in Giappone diversi piccoli centri urbani stanno adottando questo modello di città intelligente, come ad esempio Fujisawa: città che ospita circa 2.000 persone, in cui tutte le abitazioni sono dotate di pannelli fotovoltaici e dispositivi tecnologici che consentono alle famiglie di monitorare i propri consumi.

Guarda il video per approfondire.

Ma per fare in modo che questo modello funzioni, è necessario che cambino innanzitutto i modelli di comportamento delle persone.

È necessario che si comprenda il perché applicare la tecnologica in favore dell’ambiente, sforzandosi a modificare le abitudini di consumo nocive che la società ha integrato e consolidato nell’arco del tempo. 

 

Articolo di Marzia Diodati

 

Fonti

digital4.biz

youtube.com

repubblica.it 

Epifani (2020), Sostenibilità digitale: Perché la sostenibilità non può prescindere dalla trasformazione digitale, Digital Trasformation Instituite

 

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