Era il 1971, quando il programmatore statunitense Ray Tomlinson inviò il primo messaggio e-mail

Ispirato da un vecchio protocollo per caselle postali – il cui scopo era quello di inviare file al solo scopo di stampa – ebbe così l’idea geniale, e sfruttò quello stesso meccanismo per creare un modo che consentisse la comunicazione istantanea non più fra macchine (PC e stampante) ma anche fra utenti collocati in luoghi diversi. 

L’invenzione di Tomlinson era straordinaria ma troppo all’avanguardia per gli anni Settanta: i computer costavano molto e le reti consentivano solo la comunicazione locale. Fu necessario aspettare fino al 1993, quando nacque il World Wide Web (il sistema su cui si basa la funzionalità di Internet, che oggi tutti conosciamo e utilizziamo), per comprendere realmente il potenziale delle e-mail. 

Oggi abbiamo sms, app di messaggistica istantanea come WhatsApp, Messenger, e chi più ne ha più ne metta. Le e-mail però sono intramontabili: continuano ad essere il mezzo di comunicazione più utilizzato sin dall’inizio dei tempi dell’era digitale. Ed ora, costituiscono un caposaldo della comunicazione online sia privata che commerciale.

I vantaggi li conosciamo tutti: insomma, se vuoi informarti su come prosegue la vita del tuo amico che attualmente si trova in Messico, è molto più comodo scrivergli una e-mail invece di inviargli una lettera cartacea (con il rischio che vada persa). O se vuoi rimanere aggiornato sulla collezione del tuo brand di t-shirt preferito, è molto più comodo iscriversi alla newsletter invece di controllare spasmodicamente il sito. Oltre all’istantaneità, risolvono anche il problema dello spreco di carta, e il disagio delle lunghe attese di spedizione. 

Se inizialmente ci siamo abituati a ricevere posta “digitale” nella stessa quantità di quella tradizionale, negli ultimi anni però la quantità di e-mail è esponenzialmente aumentata rispetto alla controparte cartacea. Ogni giorno riceviamo decine, in alcuni casi centinaia di e-mail (tu stesso, che leggi, potrai confermare). Oltre le comunicazioni di lavoro, quelle private e quelle commerciali davvero di nostro interesse, le nostre caselle di posta elettronica esplodono di newsletter, a cui ci eravamo interessati magari anni addietro, pubblicità e, ancora più fastidiosi, i messaggi di spam. Questa situazione non solo è inutile, ma anche piuttosto dannosa. 

Quanto inquinano le e-mail

Ebbene sì, anche le e-mail inquinano.

La quantità abnorme di e-mail che riceviamo, oltre al rischio di farci perdere potenziali comunicazioni importanti, contribuisce all’emissione di CO2, causando così un danno ambientale non indifferente. 

È difficile pensare all’inquinamento prodotto dalla sfera digital: ci sembra strano credere che ciò che appartiene al mondo virtuale abbia un effetto nella vita reale. Siamo portati a pensare che l’inquinamento sia causato, in gran parte, da quelle imponenti fabbriche nelle zone commerciali, da cui vediamo uscire quelle grandi e dense nuvole di fumo nero. Questo perché lo vediamo con i nostri occhi: è tangibile.

Ma anche ciò che non vediamo o non possiamo toccare sta contribuendo alla catastrofe ambientale. 

Analizziamo un po’ di numeri: si pensi che l’invio di 8 e-mail emette tanta anidride carbonica quanta ne produce una macchina che percorre un 1 KM. Mentre, un’azienda di 100 dipendenti, che invia una trentina di e-mail al giorno, può arrivare a produrre circa 13 Tonnellate di CO2 in un solo anno. 

L’equivalente di 13 viaggi andata e ritorno da Parigi a New York: suppergiù 6.000 KM per tratta. 


Se la tua carbon footprint avesse un prezzo, risparmieresti di più ad andarlo a trovare in Messico, il tuo amico, anziché inviargli una e-mail.


Ma perché inquinano? Come “producono” CO2?

Il principale motivo è il rimbalzo da un server all’altro. Prima di arrivare a destinazione infatti, le e-mail vengono copiate circa 10 volte da questi, il cui compito è farle arrivare all’indirizzo di posta elettronica desiderato. 

I server in questione, non sono altro che la parte fisica della sfera digitale: per il loro funzionamento è quindi necessario un ingente consumo di energia elettrica. E più è pesante la e-mail, o il file ad essa allegato, più il consumo di energia necessario per la trasmissione del messaggio aumenta. 

Esattamente come un’automobile: più aumentano i KM da percorrere, più aumenta la quantità di benzina da utilizzare per arrivare a destinazione. E di conseguenza, l’inquinamento che l’autovettura produrrà per il suo funzionamento.

Meno e-mail, meno CO2

Un primo passo per diminuire la propria carbon footprint è fare attenzione a ciò che inviamo: quante volte ti è capitato di scrivere una e-mail e dimenticare di allegare il file protagonista della comunicazione? Trovandoti costretto a dover inviare un secondo messaggio. 

Tuttavia, le e-mail che inviamo giornalmente sono drasticamente inferiori a quelle che riceviamo. Soprattutto se si possiede la stessa casella di posta elettronica da più e più anni: probabilmente non riuscirai neppure a quantificare a quante newsletters sei iscritto. O quante volte, navigando sul web, hai fornito il consenso a ricevere materiale pubblicitario.

La tua e-mail, in questo momento, si troverà in decine di mailing list inutili, per cui non hai alcun interesse. Ma il rischio di ricevere una comunicazione da parte di uno di questi mittenti indesiderati è sempre dietro l’angolo. 

Probabilmente proprio in questo momento, hai appena ricevuto una e-mail pubblicitaria da parte di quella scuola di teatro a cui eri interessato 5 anni fa, in cui ti propone il suo ultimo corso di recitazione col metodo Stanislavskij. La apri sperando sia una e-mail di promozione da parte del tuo datore di lavoro: invece no. E non solo hai inquinato: hai anche perso speranze e tempo

Cosa fare?

La soluzione più semplice sarebbe cancellare l’attuale indirizzo di posta elettronica e aprirne uno nuovo, facendo attenzione a cosa ci iscriverà in futuro. Ma non sempre questo è fattibile. 

Oggi sulle nostre e-mail riceviamo bollette delle nostre utenze, comunicazioni lavorative. Manteniamo i rapporti con i nostri amici lontani.

Indirizzare tutti su un nuovo indirizzo sarebbe davvero difficoltoso. 


Minimo sforzo, massima resa: app di cancellazione automatica dalle newsletters 


Un’opzione meno drastica di questa, è utilizzare un servizio di cancellazione automatica di newsletters. 

Cleanfox, ad esempio, è un’applicazione gratuita sviluppata da Foxintelligence, che consente di individuare tutti gli indirizzi elettronici da cui riceviamo, attraverso una scansione della e-mail. Nell’arco di pochi minuti, è possibile fare una scrematura delle iscrizioni utili – e quindi da mantenere attive – e quelle di cui ci si vuole liberare, disiscrivendosi in modo definitivo. Lo scopo è proprio quello di rendere le caselle di posta elettronica più eco-responsabili, senza costringere gli utenti a disiscriversi dalle varie newsletters manualmente (e perdere, di conseguenza, molto tempo). Il funzionamento è molto semplice: 

  • Inserire la propria e-mail sul portare di CleanFox
  • Iniziare la scansione
  • Scegliere se mantenere l’iscrizione alla newsletter, eliminare tutte le e-mail ricevute ma mantenere l’iscrizione, oppure eliminare tutte le e-mail ed effettuare anche la disiscrizione

In pochi minuti, ti sarai liberato da centinaia di e-mail e iscrizioni.


Cleanfox consente, inoltre, di visualizzare quanti KG di CO2 abbiamo evitato di emettere grazie a questa semplice operazione. Un indirizzo e-mail, di uso privato, è registrato a circa 90 newsletters inutili, la cui ricezione corrisponde a circa 14 KG di emissioni di CO2 annuali. Pensa che impatto ambientale, se tutti lo facessero!

Ma ci sono tante altre applicazioni che svolgono la medesima funziona (se ne conosci altre valide come Cleanfox, segnalacelo nei commenti).


Per diminuire ulteriormente la carbon footprint dei nostri dispositivi ricordiamoci sempre l’importanza di prenderci cura dei nostri dispositivi, per farli durare e performare più a lungo nel tempo: con piccole accortezze, possiamo davvero diminuire il nostro impatto sull’ambiente, in modo semplice, veloce e senza rinunciare alle comodità che la tecnologia ci offre.

Articolo di Marzia Diodati 


Fonti

focus.it

blog.ardesia.it

corriere.it

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