Minimalismo: il movimento artistico nato negli anni ’60. È inevitabile non pensare a questo quando se ne parla. Ma negli ultimi anni a questa parte, questo concetto è stato esteso ed applicato ad un altro ambito, che esula dalla sfera artistica e si trasforma così in uno stile di vita. Uno stile di vita sì, sostenibile, ma dai principi zen.  

Ecco che il minimalismo rinasce in eco-minimalismo.

Difficile stabilire quando questo modello sia approdato in occidente, ma una cosa è certa: i libri della scrittrice giapponese di economia domestica Marie Kondō, pubblicati in Italia dal 2014 in poi, hanno sicuramente influito nella diffusione di questo stile di vita. I manuali della scrittrice – fra i più famosi Il potere del riordino – spiegano come organizzare il proprio spazio in modo che sia sempre ordinato e confortevole (metodo che prenderà il nome di KonMari Method). I vantaggi non sono solo pratici: la filosofia di fondo del KonMari Method risiede nell’idea che tutto ciò che ci circonda debba trasmettere felicità. E così, il riordino della casa diventa una pratica spirituale: ciò che non ci serve o non trasmette benessere diventa superfluo sia per la funzionalità della nostra casa che per il nostro benessere psicofisico e, di conseguenza, va eliminato.

Ebbene, ti starai chiedendo: “Cosa c’entra questo con la sostenibilità?”

Sostenere uno stile di vita minimalista, o meglio eco-minimalista, non vuol dire rimuovere meccanicamente tutto ciò di superfluo che si possiede. Secondo la scrittrice, infatti, non si deve partire dall’eliminazione, anzi, il passo iniziale è focalizzarsi su ciò che invece si vuole tenere con sé. Riconoscere il valore che quell’oggetto ha nella nostra vita e prendersene cura per farlo durare più a lungo.

Così, il motto del movimento minimalista less is more diventa manifesto anche di uno stile di vita più eco-friendly. 

 

Quando il minimalismo incontra la sostenibilità

Vivere in un ambiente pulito, ordinato e organizzato fa bene sia al corpo che allo spirito. È inutile girarci intorno: tutti abbiamo provato, almeno una volta nella vita, quella sgradevole sensazione di disagio quando i troppi vestiti (che probabilmente neppure usiamo, ma continuiamo ad acquistare) hanno ormai invaso tutti gli armadi, i cassetti e le sedie della casa. O quando le troppe “cianfrusaglie” che abbiamo sparse su qualsiasi superficie pianeggiante della casa, ci fanno perdere tantissimo tempo per spolverare, o semplicemente per trovare uno spazio confortevole e comodo per metterci a lavorare o studiare senza distrazioni. 

Chi non ha mai provato questa sensazione, mente. 

È vero, spesso è difficile separarci da certi oggetti perché ne siamo emotivamente legati. Riflettendoci bene però, sono molte di più le cose senza alcun significato sentimentale e allo stesso tempo inutili che gravitano nelle nostre case, acquistate solo perché “carine” o alla moda. 

Fare decluttering può quindi aiutare a liberare la nostra mente da tutte quelle cose superflue che invadono i cassetti così togliendoci spazio ed energie.

Se sei arrivato fino a qui, starai pensando che, effettivamente, di quell’orribile maglione beige che ti ha regalato zia Concetta 4 anni fa e che non hai mai indossato, potresti liberartene, dato che ti occupa mezzo cassetto e ti fa venire i brividi ogni qualvolta lo vedi. Ma cosa farne? 

In un’ottica di ecosostenibilità, le opzioni sono tante: 

  • Riusare: tanti oggetti che non usiamo possono essere riusati dandogli una nuova vita. Magliette o vestiti troppo usati o che non usiamo perché non ci piacciono più, ad esempio, possono diventare stracci per fare le pulizie (anziché comprarli). Da cavetti, caricabatterie non funzionanti o vecchi device si possono estrarre componenti da utilizzare per piccole riparazioni, e così via;
  • Donare o vendere: negli ultimi anni spopola la moda del comprare abiti usati. E si 
  • produzione, spesso estremamente inquinanti – di articoli di uso quotidiano e non solo. Ciò che tu non usi e che lasci poltrire in uno dei tuoi cassetti, potrebbe servire a qualcun altro; 
  • Riciclare: in alcuni casi non si può far a meno di gettare un oggetto. È fondamentale però smaltire nel modo corretto così da non impattare sull’ambiente e consentire il riutilizzo dei materiali di cui è composto. È bene ricordare sempre che i device e i dispositivi elettronici in genere non vanno gettati nell’indifferenziato

Insomma, i vantaggi sono molti sia per la nostra vita che per l’ambiente: a patto che, una volta eliminate certe cose, si diventi consumatori consapevoli e non si continui ad acquistare cose di cui non si ha davvero bisogno. 

 

Eco-minimalismo e tecnologia

Quanto detto sopra si può applicare a qualsiasi ambito della nostra vita, e ovviamente anche alla tecnologia. 

I device sono un grande problema del nostro secolo: dalla produzione, all’utilizzo (navigazione su Internet) fino allo smaltimento. La richiesta di smartphone e dispositivi elettronici è esponenzialmente aumentata negli ultimi 10 anni, così come il cambio frequente prima della naturale fine del ciclo di vita dei device, grazie alla vasta e allettante offerta sul mercato. Abbattendo, sì, i limiti spazio-temporali (possiamo comunicare con chiunque in qualsiasi parte del mondo) ma causando danni ambientali al limite dell’inquantificabile. Parlando esclusivamente di smartphone, si pensi che l’intero ciclo di vita di questi – dalla produzione al momento dello smaltimento – solo in Europa, produce in un anno 14 milioni di tonnellate di emissione di CO2. 

Bisogna quindi rinunciare alla tecnologia? 

Non bisogna rinunciarvi: i vantaggi della tecnologia nella nostra vita sono molti. Ma si può fare qualcosa per impattare meno sull’ambiente senza essere costretti a fare scelte estreme. 

Minimalismo è avere poche cose ma di cui ne abbiamo necessità. E questo può essere applicato anche alla sfera digital e tecnologica. Insomma, quanti dispositivi di cui non abbiamo realmente bisogno teniamo nelle nostre cose e continuiamo ad acquistare? 

  • Accessori: cuffie, auricolari, cuffiette e caricatori wireless, casse portatili e non. La tentazione di comprare l’ultimo accessorio uscito sul mercato è forte, ma ci serve davvero?
  • PC, tablet e computer: tutti abbiamo un PC, ma è davvero necessario averne più di uno o avere un altro dispositivo che svolge le stesse funzioni? 
  • Servizi e abbonamenti digitali: non sono solo uno spreco di soldi, ma inquinano anche. I servizi digitali (come piattaforme di streaming) infatti comportano un enorme dispendio di energia per il funzionamento di server e data center. Meglio attivare un solo abbonamento (magari la piattaforma che offre più titoli di nostro interesse) disattivandolo nei mesi di inutilizzo.
  • Smartphone: in genere hanno tutti un solo cellulare, ma con che frequenza viene cambiato? E quello che viene sostituito dove va a finire? Spesso gli smartphone non vengono smaltiti correttamente o non vengono smaltiti affatto, rimanendo nella nostra casa per anni. 


Non bisogna quindi rinunciare, ma fare scelte consapevoli di acquisto: avere pochi dispositivi tecnologici (solo quelli che realmente ci servono), valutare il momento in cui davvero è necessario sostituirli – orientandosi se possibile sulla scelta di un device ricondizionato – e soprattutto averne cura durante l’utilizzo per allungarne il ciclo di vita.

 

Articolo di Marzia Diodati 

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